romavendita-di-lumache-per-la-festa-di-san-giovanni-romaTradizioni profane e religiose nella millenaria storia di Roma.
Gli astronomi dell’antichità avevano individuato i giorni più lunghi e più corti dell’anno e insieme a sciamani e sacerdoti, vi avevano “piazzato” delle grandi feste. Quella del solstizio d’estate, quando la durata della luce del giorno è massima, è stata trasformata dalla Chiesa in festa di San Giovanni Battista; quella in prossimità del solstizio d’inverno, il 27 dicembre è dedicata all’altro San Giovanni, l’Evangelista e Apostolo.

 

A Roma una delle feste più sentite era quella del 24 giugno in ricordo di Giovanni Battista, durante la quale non mancava occasione di baldorie e scherzi di ogni tipo.
La festa cominciava la sera della vigilia, la cosiddetta “notte delle streghe”, durante la quale la tradizione voleva che le streghe andassero in giro a catturare le anime.
Era credenza popolare che, la notte di San Giovanni, i fantasmi di Erodiate e di sua figlia Salomè che avevano fatto decapitare il Battista, per questo condannate a vagare per il mondo su una scopa per espiare la colpa, chiamassero a raccolta tutte le streghe sui prati del Laterano.
La gente partiva da tutti i rioni di Roma e dai paesi vicini, al lume di torce e lanterne, e si concentrava a San Giovanni in Laterano per pregare il santo e a mangiare la lumache nelle osterie e nelle baracche appositamente predisposte per la festa.

Le lumache erano un piatto di prammatica, perché la tradizione voleva “tante lumache, tante corna per le streghe.”  Una tradizione che va via via scomparendo è l’usanza del piatto di lumache mangiato per evitare litigi e tradimenti.  Si riteneva che i quattro cornini delle lumache potessero essere fonte di discordia e quindi correva l’obbligo di nasconderli nello stomaco per bloccare tale rovinosa opportunità e poiché il piatto di lumache è piuttosto pesante accompagnarlo, per migliorarne la digeribilità, con un buon bicchiere di vino bianco, frizzantino e fresco è l’ideale.
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Tutti i partecipanti, prima di uscire di casa per andare alla festa, provvedevano a rovesciare sull’uscio di casa una manciata di sale grosso ed a porvi vicino una scopetta di saggina : questo per non far entrare le streghe in casa poiché, perché essendo degli esseri estremamente curiosi, oltre che dispettosi, esse si sarebbero fermate sull’uscio a contare i grani di sale ed i fili di saggina.
Così facendo, avrebbero perso ore preziose e sarebbero state sorprese, all’alba dai raggi del sole, che le avrebbe dissolte, essendo loro esseri notturni.

Le cronache del 1782, narrano che la sera del 23 giugno, il popolo di Roma si era riunito a San Giovanni, per assistere al passaggio delle streghe, ma dove venissero e dove andavano, il cronista non lo dice, però è logico pensare ch’esse abbiano fatto una brutta fine perché da quell’anno nessun altro scrittore ci fa menzione della loro riapparizione.
Nondimeno, per lungo tempo ancora, per secoli per la verità, a Roma si è parlato di streghe e stregoni che a cavallo di una scopa giungevano nella città eterna da ogni parte della terra “sotto acqua e sopra vento” e dopo aver scorazzato nel quartiere Laterano, se ne ripartivano veloci come se andassero in aeroplano, per raggiungere il noce di Benevento per il sabba, luogo presso il quale dovevano riunirsi per discutere e congiurare ai danni del genere umano.

Interessante sapere che la partecipazione popolare era massiccia, si mangiava e si beveva in abbondanza e soprattutto si doveva far rumore con trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo.
Tuttavia non mancavano i carrettini e le “vignarole” infiorate, trainati da cavalli ornati con capezze cariche di campanelli, squillanti ad ogni movimento dell’animale, i quali procedevano impettiti quasi per far dispetto agli umili somarelli, che pazientemente trasportavano i barili di vino provenienti dai Castelli Romani, per i bivacchi improvvisati sui prati di San Giovanni.
Con questi rumori assordanti e con la grande confusione, secondo l’antica usanza, si potevano impaurire ed allontanare gli spiriti del male e le streghe, perché non potessero cogliere certe erbe che sbocciate e colte in quella notte costituivano materia prima per i loro incantesimi.
In questa atmosfera festaiola, caratterizzata da allegria sfrenata, erano inevitabili le risse, provocate dai più attaccabrighe, e alla fine era inevitabile qualche coltellata di troppo.
La festa si concludeva all’alba quando il Papa, dopo lo sparo del cannone di Castello, si recava a San Giovanni per celebrare la messa alla presenza delle autorità religiose e politiche, dopo la quale dalla loggia della Basilica gettava monete d’oro e d’argento : il lancio, ovviamente, scatenava la folla presente.

Il poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli, vissuto nel XIX secolo (1791/1863), ha interpretato il sentimento diffuso nella “plebe di Roma” dell’epoca, attraverso i sonetti, le credenze più lugubri in tema di streghe e stregonerie e di religiosità, anche in occasione della festa di San Giovanni.
Non è un caso che ancora oggi alcune figure del clero, come gli esorcisti, hanno potere di contrasto alle forze del male, per allontanare il diavolo che si sia impossessato delle persone.
All’epoca del potere temporale dei Papi, le donne riconosciute come streghe venivano interrogate dalla Santa Inquisizione, con le conseguenze delle usanze dell’epoca, inoltre era molto diffusa la pratica, antichissima, di rivolgersi a persone sensitive per incantesimi ed altre attività esoteriche.
I maghi o presunti tali, sappiamo tutti, esistono anche oggi, ma non vengono più bruciati vivi, al massimo passano qualche periodo nelle patrie galere, per abuso di credulità popolare, truffa, falso, circonvenzione di incapace, ecc.

Nella tradizione cristiana cosa ha significato la Basilica di San Giovanni per essere così amata dai romani e non solo per questa festa?
E’ la cattedrale della città, indicata come “Madre e capo di tutte le chiese”.
Il suo titolo è Cattedrale del Santissimo Salvatore e Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano, tradizione vuole che fu lo stesso imperatore Costantino a definire la costruzione tra il 313 e il 318, e l’attuale chiesa ricalca la Basilica primitiva, perche nel corso dei secoli venne danneggiata, restaurata e arricchita continuamente, per quasi mille anni è stata il centro del potere papale, fino alla fine del Medioevo.

Una cosa è certa che San Giovanni ( la Basilica, la piazza, la festa) è stato sempre una grande sinonimo di partecipazione popolare : sacra e profana.
Anche se la festa di San Giovanni ha perso l’antica importanza, oggi, nel nostro tempo, la Processione con il Papa, ogni anno in occasione del Corpus Domini da San Giovanni alla Basilica di Santa Maria Maggiore , il Concerto di musica del Primo Maggio dei sindacati confederali e le tante iniziative che si svolgono a Piazza San Giovanni durante l’anno, non fanno dimenticare le tradizioni millenarie e popolari di Roma, città eterna.

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LA STORIA:

Il 24 giugno è il giorno dedicato a San Giovanni Battista, predicatore e profeta del primo secolo a. C., più volte ricordato nei Vangeli per aver preannunziato la venuta del Messia.

Nato dal vecchio sacerdote Zaccaria e da Elisabetta, all’annuncio della sua nascita e dell’imposizione del nome di Giovanni, da parte dell’angelo Gabriele, il vecchio Zaccaria perdette la favella per riacquistarla solo dopo la circoncisione del figlio per intonare il “Benedictus”.

L’infanzia e la giovinezza di Giovanni, probabilmente, vissute nel deserto come nomade, hanno maturato in lui il desiderio della divulgazione della fede tanto che in età non più giovane, vestito di una tonaca rossa di pelo di cammello comincia la predicazione come profeta dell’avvento del Messia scagliandosi pesantemente contro i Farisei.

Erode Antipa lo fa arrestare per aver denunciato le nozze incestuose e adultere con Erodiade moglie, prima, di suo fratello Erode Filippo.

Con Erode Antipa, Erodiade mise al mondo una figlia alla quale fu messo il nome di Salomè e che, indotta dalla madre, dopo aver danzato per il padre, chiese come compenso la testa di Giovanni; era il 24 di giugno.

La testa di Giovanni le fu portata su un vassoio ed era ancora vivente.

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IL FOLCLORE:

La festa del 24 giugno era solennizzata con fuochi, falò ed altri riti un tempo collegati agli antichi culti solari giacché la festa cade nel solstizio d’estate, tempo di mietitura e con chiaro riferimento alla simbologia del fuoco e alle sue funzioni purificatrici e propiziatrici.

Virgilio nelle “Bucoliche” rievoca, in tale giorno gli Ambarvalia, antichi sacrifici resi a Cerere, la dea delle messi, durante l’antica festa romana per purificare le messi e allontanare i cattivi influssi; gli Ambarvalia consistevano nel sacrificare un maiale, una pecora e un toro dopo averli condotti, in processione, tre volte, intorno alla città.

Come nella notte di Natale anche nella notte che precede il 24 giugno, che si passa vegliando, si crede che avvengano meraviglie e prodigi tanto è vero che la notte che precede il giorno di San Giovanni è detta “la notte delle streghe”: il 23 giugno, periodo in cui la luna è in fase crescente, nell’antichità si credeva che le streghe, a cavallo delle loro scope, sorvolassero la Basilica di San Giovanni per radunarsi in un grande sabba annuale.

Tra le streghe, la leggenda vuole che ci siano anche Erodiade e sua figlia Salomè condannate a vagare per il mondo su una scopa per espiare la colpa di aver fatto decapitare San Giovanni.

Chi crede alla leggenda adotta accorgimenti tali da non far entrare nelle case le cattive maliarde mettendo davanti all’uscio di casa del rosmarino, ginepro, alloro e ulivo benedetto, oppure dell’aglio come antidoto contro i malefici e come erba portafortuna e porta ricchezza o, ancora, un mazzetto di “erbe magiche” formato da iperico, artemisia, ruta, menta e salvia.

L’iperico è detto anche “erba di San Giovanni”, una piantina perenne e tappezzante dai bei fiori gialli che sfregati tra le dita emettono un umore che colora la mani di rosso e perciò viene detta anche “sangue di San Giovanni”; l’artemisia, invece, avrebbe proprietà contro il malocchio; la ruta chiamata anche “erba allegra”avrebbe proprietà curative; la menta, soprattutto se bagnata dalla rugiada della notte di San Giovanni, garantirebbe lunga vita come pure la salvia.