alitaliaSono passati appena cinque anni, e succede un’altra volta. Alitalia è ad un passo dal fallimento. A poche ore dalla fine di ogni residua liquidità, ieri sera i tecnici del governo erano riuniti a Palazzo Chigi per trovare una soluzione per evitare la messa a terra dei 140 aerei della ex compagnia di bandiera. Nonostante il rinnovo della flotta, una forte riduzione dei dipendenti e una società complessivamente meglio gestita di allora, per paradosso la situazione è più complicata. Dopo aver sborsato fra i tre e i quattro miliardi di euro dei contribuenti, giustificare un nuovo salvataggio di fronte all’opinione pubblica non è semplice.  

 

La crisi Alitalia si avvita di ora in ora. Con lo spettro del crac sempre più vicino e il governo in pressing nella ricerca spasmodica di uno o più cavalieri bianchi. Ieri anche Massimo Sarmi, numero uno delle Poste, è stato chiamato a Palazzo Chigi. Al top manager sarebbe stato chiesto di dare una mano nella drammatica partita per salvare la compagnia di bandiera. Non è ancora chiaro quale possa essere il ruolo di Poste, ma l’operazione salvataggio sarebbe in fase avanzata di definizione. Secondo alcune fonti, addirittura già chiusa e blindata nella tarda serata. Le banche, con l’arrivo delle Poste, avrebbero già dato l’ok per garantire la ricapitalizzazione. E anche i soci privati, se tutto filerà liscio, non si tirerebbero indietro. Del resto Sarmi, che nel week end ha studiato a fondo il dossier Alitalia, ha dimostrato di essere un manager valido, che ha rilanciato, diversificato e fatto crescere il grande complesso che gli è stato affidato dieci anni fa.

AL BIVIO
Tuttavia l’entrata in scena di un altro «socio pubblico», magari solo per dare un apporto finanziario, dopo le opzioni Fs e Fintecna finite nel congelatore, la dice lunga sulle difficoltà a sbrogliare il dossier. Testimonia allo stesso tempo la tenacia del presidente del Consiglio Enrico Letta sul caso Alitalia. Probabilmente l’ultimo tentativo prima di gettare la spugna: «Ora – fa notare una fonte sindacale preoccupata per l’impasse – manca solo che convochino anche l’Anas. E’ assurdo che società dello Stato possano senza conseguenze dribblare le richieste del governo o disimpegnarsi nonostante la gravità della situazione». Per la verità l’esecutivo ha fatto di tutto per ammorbidire alcune pregiudiziali, come nel caso delle società della Cdp, o convincere i candidati più riottosi, in questo caso le Ferrovie, a rivedere alcune rigidità. Non è un caso se ieri l’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha di fatto riaperto i giochi: «Siamo disposti a dare un contributo ma nei limiti delle nostre possibilità».

Pure da Fintecna, sollecitata dai sindacati ad entrare in gioco, sarebbero arrivati segnali di disponibilità, dopo il no secco dei giorni scorsi. In fondo l’impegno economico richiesto non è dei più rilevanti. Quello che manca – è la convinzione dei soci pubblici interpellati fino ad ora – è un piano industriale in grado di assicurare una traiettoria con dei ritorni economici. E la possibilità, fatto non secondario, di avere mani libere per consentire una forte discontinuità con il passato. Dalle Poste dovrebbe invece arrivare l’attesa svolta.

Sullo sfondo resta comunque l’ipotesi del commissario se tutto sfumasse per l’ennesima volta. Un’ipotesi, quella del fallimento pilotato, che piace ad Air France e, pare, anche alle Ferrovie. Ma che è vista negativamente dai soci italiani e da tutto il fronte sindacale. Entro lunedì, quando ci sarà l’assemblea di Alitalia, vanno trovati circa 500 milioni o non ci saranno alternative a portare i libri in tribunale. I fornitori, Eni e Adr, sono disposti ad aspettare solo altri quattro giorni, poi perderanno la pazienza.

LE PAURE
I sindacati hanno confermato al termine dell’incontro con l’ad Gabriele Del Torchio che l’azienda ha intenzione di varare un aumento di capitale da 300 milioni (più pesante quindi dei 250 già deliberati in cda) con l’apertura di una linea di credito da parte delle banche per altri 200 milioni. Nell’ambito di questo aumento, 150 milioni sarebbero in capo alla parte pubblica (al momento tutta da individuare) e 150 a quella dei soci. Qualora Parigi decidesse di non intervenire – rileva Claudio Tarlazzi (Uil) – spetterebbe invece alla banche coprire l’inoptato. Sia la Cisl con Giovanni Luciano, che la Cgil per bocca di Franco Nasso, hanno aggiunto che la compagnia è al capolinea, a un passo dal precipizio.
In attesa di novità ufficiali, il cda di Alitalia rimane aperto fino a venerdì. Con i soci molto preoccupati dalla prospettiva del commissariamento, inevitabile se dovesse interrompersi la continuità aziendale. E proprio su questo punto si svolgerà oggi un incontro o tra i vertici dell’Enac e quelli di Alitalia. Il commissario straordinario dell’ente nazionale dell’aviazione civile, Vito Riggio, e il direttore generale, Alessio Quaranta, verificheranno se sussistono le condizioni di continuità aziendale, se cioè l’azienda ha i requisiti per la prosecuzione della licenza ed è in grado di assicurare la copertura delle spese.