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Benvenuti a Pripyat: il museo dell’orrore a cielo aperto

 Se fosse un parco a tema, sarebbe uno dei posti più spaventosi dove andare ad Halloween. Purtroppo questa è la terrificante realtà. Il disastro nucleare più famoso della storia ha reso questo posto, un tempo ricco di vita, una città fantasma. La zona contaminata è un luogo di disperazione ed abbandono. Ma questo macabro paesaggio è oggi la destinazione di molti tour organizzati che partono da Kiev. La realtà è più spaventosa e affascinante di tante altre attrazioni.

Siamo a Pripyat, in Ucraina, la città fantasma tristemente più nota al mondo. Se a qualcuno questo nome non dicesse niente, sarà un altro a farvi suonare il campanello: Chernobyl. La città resa nota a causa dell’incidente nucleare più drammatico della storia si trova a meno di 15 km a nord ovest di Pripyat. E il suo nome venne appunto associato al disastro: ma è in realtà a Pripyat che si trovava la centrale. Ed è questa la cittadina, un tempo ricco di vita, ad averne sofferto i danni devastanti. Paradossalmente Chernobyl ha subito molto meno i nefasti effetti della contaminazione radioattiva. Pripyat è invece da quel tragico giorno un macabro luogo totalmente abbandonato. Un luogo che però si può visitare.


Il turismo del disastro è la nuova frontiera. E Chernobyl e Pripyat (o Černobyl’ e Pryp’jat’ per scriverlo in lingua ucraina) sono decisamente il Santo Graal per i turisti più estremi. Ma non c’è niente di pionieristico o avventuroso nel visitare questi luoghi: numerose agenzie turistiche offrono questo servizio. Esatto, se pensate di poter andare dove nessun uomo ha mai osato vi sbagliate di grosso. Sarete semplicemente parte di un gruppo organizzato come tanti altri da anni a questa parte. Il governo ha infatti da tempo permesso ai turisti di entrare nella cosiddetta Zona di Esclusione: l’area di 30 km attorno alla ex centrale nucleare istituita in seguito al disastro, e che è stata maggiormente colpita dalle radiazioni. Oggi il livello di contaminazione è decisamente più basso rispetto a qualche decina di anni fa, e vi si può accedere con le dovute precauzioni.


Ciò nonostante visitare Pripyat è comunque un’esperienza da brividi. Anche se inserita nel circuito del turismo di massa la vista della città ha sempre un forte impatto sui suoi visitatori a causa dei ruderi abbandonati. Il colpo allo stomaco è tanto più forte quanto più si realizza che questa era un tempo una città vivace e frenetica. Contava infatti ben 50.000 abitanti, molti dei quali addetti proprio all’interno dell’impianto nucleare. La città era stata infatti costruita per dare una casa a quei lavoratori. E lo si fece pensando al miglior benessere della comunità. Vi erano numerose strutture di servizio pubblico: due ospedali, due hotel un centro commerciale e un’enorme struttura multifunzionale situata nella piazza centrale e dotata di una piscina coperta. E in più bar, ristoranti, un teatro e un cinema. Insomma, un luogo ideale dove vivere e anzi, in epoca sovietica probabilmente la città più moderna e benestante dove trasferirsi. Questo contribuì alla sua crescita demografica, visto che non erano più solo gli operai della centrale gli unici residenti. Purtroppo questa gente non sapeva cosa li attendeva.


Il 26 aprile del 1986 un grave errore in un test di routine della centrale causò due esplosioni nel reattore e una conseguente fuoriuscita di vapore radioattivo. La nube tossica si diffuse in tutta Europa fino al Mediterraneo, ma la ricaduta immediata si ebbe ovviamente sulla città di Pripyat. Il governo organizzò subito l’evacuazione, supportata da una grande bugia: all’altoparlante la voce annunciò un “lieve incidente” e che si sarebbe dovuto abbandonare la città in tempi brevi, ma per un periodo non di lunga durata. Tre settimane, fu detto. Oggi sono passati quasi trent’anni.


La vista degli effetti personali lasciati all’interno delle case è una delle più emozionanti per chi si aggira tra le strade del paese fantasma. Non manca di commuovere la visita della scuola al pensiero che nessun bambino potrà mai più tornare a giocare da queste parti. Purtroppo l’emozione è rovinata quando ci si comincia a rendere conto che molto di quello che si vede è una messinscena. Giocattoli ed oggetti della vita quotidiana sono spesso messi in bella mostra apposta per creare un effetto drammatico. Lo si percepisce proprio per lo scarso numero e per la loro presenza composta; ma soprattutto per particolari come una maschera antigas a misura di bambino posizionata sul banco di un’aula scolastica. Un elemento abbastanza improbabile in tale contesto.

 

Non sono queste furbate tipicamente turistiche, però, a rovinare l’atmosfera di questi luoghi. Non ci si dimentica mai dell’orrore della tragedia, e del fatto che da un giorno all’altro centinaia di migliaia di persone hanno perso la loro casa.Come se non bastasse Pripyat durante gli anni ha subito anche lo sciacallaggio dei ladri che non si sono fatti scrupoli di esporsi alle radiazioni per rubare mobili, utensili e altre proprietà lasciate dagli abitanti. Non solo gli avvoltoi, però, hanno penetrato illegalmente la zona di esclusione. Molti artisti di strada non potevano mancare di dire la loro su un dramma tanto epocale: ecco quindi che da più parti spuntano graffiti sui muri. Molti di questi riproducono silhouette di figure umane, bambini in primis, come in parallelo alle ombre sui muri lasciate dalle esplosioni delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

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